domenica 15 ottobre 2006

Cari teo-dem, sotto la bioetica quasi niente

EDITORIALE de "IL RIFORMISTA lunedì 16 ottobre 2006
Per nominare il nome di Dio bisognerebbe avere delle buone ragioni. È un vero peccato, quindi, che lo abbiano nominato invano gli ideatori del seminario sulla nuova questione cattolica che si è svolto nei giorni scorsi a Roma. Da chi si definisce teo-dem, infatti, ci si sarebbe potuto aspettare almeno una distinzione dai teo-con. E invece perfino Andrea Riccardi, nella sua relazione pronunciata «come osservatore», e senza «soddisfazione parrocchiale», non è andato oltre l'apprezzamento dell'opinione di Giuliano Ferrara, per il quale «il tessuto italiano non tiene senza il cristianesimo». Intendiamoci: Riccardi ha ragione quando rileva la fallacia del «teorema accettato da tanta sociologia occidentale» del Novecento per cui «più modernità» avrebbe coinciso con «meno religione»; e ha ragione anche quando cita Kepel e la sua revanche de Dieu. Ma, a parte il fatto che sempre di interpretazione sociologica del fatto religioso si tratta, c'è da chiedersi quale sia l'originalità teodem nel valutare un fenomeno che i teocon hanno già egregiamente, tempestivamente e fragorosamente segnalato. Si poteva sperare, magari, che i teodem proponessero una nuova elaborazione del tema della laicità, che gli atei devoti trascurano perché, in qualche modo, è insito nel loro dna, ed è il termine a quo debbono prendere le distanze nella loro nuova avventura intellettuale. Oppure si poteva immaginare una rivisitazione del cattolicesimo politico italiano in un'ottica più attenta al rapporto fra fede e politica di quella tradizionalmente democristiana (visto, fra l'altro, che si moltiplicano le celebrazioni di Dossetti in occasione del decennale della sua morte). O infine si potevano mettere i piedi nel piatto della questione identitaria, misurandosi col multiculturalismo su cui in questi giorni, a Milano, si confrontano da sponde opposte due personalità di cultura cattolica come Valerio Onida e Giuseppe Fioroni. Ci si poteva perfino accontentare di un confronto infradem con le tesi elaborate in materia di bioetica da due futuri compagni di partito come Giorgio Tonini e Claudia Mancina.La revanche de Dieu, insomma, non manca di porre interrogativi puntuti alla politica. E sarebbe stato interessante che a essi avessero risposto uomini politici come Bobba e la Binetti, finora segnalatisi solo sui temi della bioetica. Invece, a quanto pare, sotto la bioetica quasi niente, se non un'arbitraria connessione fra sconfitta del comunismo e prospettiva del socialismo europeo che non fa i conti, peraltro, con la deriva conservatrice del Ppe, a suo tempo riferimento del cattolicesimo politico italiano, avviata da quell'Aznar il cui partito scende in piazza coi vescovi contro Zapatero.Eppure nei giorni della kermesse teodem due eminenti cattolici italiani, Scalfaro e don Verzè, hanno avuto l'onestà intellettuale e la carità cristiana di confessare in pubblico i loro dubbi e i loro drammi interiori nel vivere il conflitto fra legge e morale. E sempre negli stessi giorni un cattolico adulto come Prodi ha dovuto dare conto al papa dell'andamento dei lavori parlamentari finalizzati a conciliare morale e legge. Era legittimo attendersi che fra i teodem risuonasse almeno un'eco di questi episodi e delle contraddizioni che essi segnalano, invece di imbattersi nelle considerazioni ironiche di Riccardi sulla «nostalgia di distinzioni maritainiane», distinzioni che comunque negli anni '50 hanno evitato all'Italia una non ipotetica deriva clericale, come lo stesso Riccardi ci ha insegnato. Ma in questo caso si sarebbe dovuto riconoscere che ci sono più cose fra cielo e terra di quelle che non sappiano i filosofi della nuova questione cattolica. E concludere che se la religione - almeno quella cristiana - trova proprio nella modernità uno spazio e un ruolo molto più rilevanti che nel passato è perché sempre più numerose sono le cose che si collocano appunto fra cielo e terra, e che non possono essere governate solo in una logica terrena.

Mi pare evidente che nel CENTR-SINISTRA vi sia un grande fermento soprattutto all'interno della Margherita dove ormai le anime che rivendicano una prima genitura cristiano-cattolica (Castagnetti, Binetti, Marini....) iniziano a smarcarsi dal nuovo SOGGETTO LAICO che è il PARTITO DEMOCRATICO.
Una domanda: PERCHè CHIAMARLO PARTITO DEMOCRATICO? FORSE I PARTITI DI OGGI NON SONO DEMOCRATICI?
Lascio a Voi ogni considerazione.....

Angelo

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La questione del nome è molto controversa. Io rispondo no, i partiti di oggi non sono per niente democratici.
Però il loro nome non deriva da una voglia di democrazia nei partiti ma nel fatto che si ispirano ai Democratici statunitensi, che sarebbero la sinistra del Congresso USA.

Per quanto in tema, non mi è piaciuto Riccardi e non mi è piaciuto come Avvenire abbia preso posizione in merito. Riccardi relega come nostalgici i degasperiani come me. Togliendo il valore di una politica, di un modo di intendere un cristiano in politica, come se oggi, perchè nel centrosinistra c'è la direzione obbligata del PD, chi non ammette un miscuglio tra comunismo, socialismo e morale cattolica, fosse un nostalgico.
Il chiaro riferimento di Riccardi è all'UDC. E a quelli che ancora si sentono parte di un progetto vicente per l'Italia, un progetto che guardava a uomini, grandi uomini, dietro lo Scudocrociato.
A Riccardi ricordo solo che esiste il CENTRO in Italia, sebbene un ridicolo bipolarista si sforzi di frammentarlo. E finchè quel centro sarà debole, l'Italia non andrà avanti. Nemmeno con il PD, in cui i cattolici sono succubi persino sui temi della bioetica (vedi precedenti con la Binetti in prima persona)

Angelo MERLIN ha detto...

Condivido con la tua riflessione Riccardo.
Per quanto riguarda il progetto"PD" non mi pare che l'adesione al PSE possa effettivamente dare un'elemento di novità al nuovo progetto. Anzi il tema dell'adesione a mio avviso creerà solo l'allontanamento dell'area democratico-cristiana che ora è parte importante della coalizione di centro-sinistra. Non so se ti è capitato di leggere il manifesto apparso l'anno scorso, scritto da alcuni "saggi" del centro-sinistra, tra cui il Prof. Andreatta. Il progetto sarebbe veramente ambizioso, ma pecca di un vizio di fondo molto molto importante: non tiene conto della variegata composizione politica che contraddistingue l'Italia da molti altri Paesi europei. Quindi penso che rimarrà solo un progetto scritto sulla carta e se riusciranno a costituirlo non avrà nulla a che vedere con quella che era l'idea iniziale......
Sarebbe bello ora affrontare una discussione su quello che invece avviene nel CENTRO-DESTRA...
Alla fine se nel centro-sinistra eleminassero l'area radicale e la stessa cosa avvenisse nel centro-destra non avremmo nuovamente un GRANDE CENTRO composto da quella che una volta era la DESTRA DC e la SINISTRA DC???
Ciao