I letterati ci hanno insegnato la loquacità del silenzio. Anche in politica esistono silenzi che parlano e assenze che ingombrano, e forse silenzi e assenze dovrebbero più far riflettere che far preoccupare. Capisco l'appello di Sergio Romano affinché Napoleone-Berlusconi lasci l'isola d'Elba e torni a combattere. Ma ritengo più utile ragionare sulla difficoltà dell'opposizione, piuttosto che andare incontro con spirito baldanzoso alla prossima battaglia di Waterloo. Io credo che dietro lafonia della casa delle libertà ci sia un fatto nudo e crudo: che la casa delle libertà non esiste più. Nel campo dell'opposizione, sui problemi di ieri e di oggi (e tanto più su quelli di domani) un vero e proprio muro divide ormai la destra populista e il centro moderato. Su quel muro, in questi anni, Berlusconi è stato per così dire a cavalcioni. E stato lui, solo lui il mastice dell'alleanza. E stato lui, solo lui a coagulare e a tenere assieme posizioni e opinioni che in tutte le democrazie dell'alternanza, anche le più perfette, insieme non stanno. Ma quell'impasto ora non tiene. Una coalizione che comincia con Alessandra Mussolini e finisce con Bruno Tabacci è stata un'anomalia che solo la forte leadership di Berlusconi ha consentito di realizzare. Non so se oggi quella leadership esiste ancora. Di certo quella anomalia non può esistere più. Non si può comporre un mosaico di tessere impazzite. E non si può far finta di marciare e combattere come la falange macedone mentre si coltivano e fioriscono i cento fiori. E un problema di identità, e con questi problemi la politica non può essere né distratta né ludica. Ed è un problema destinato a tenerci compagnia tutti i giorni in molti modi. Vogliamo invitare i cittadini a ritirare anzitempo il trattamento di fine rapporto per paura di Bersani e Visco o vogliamo inzuppare il biscotto nel caffelatte delle nomine non regge radiotelevisive? Vogliamo scendere in piazza per difendere le nostre pensioni come dice l'onorevole Bossi o batterci per le pensioni dei nostri figli come propone la fondazione Formiche? Chiediamo al governo di dialogare con la Bce o di dichiarare guerra a Forcolandia? Pratichiamo il sovversivismo della classe dirigente o apriamo la strada a combinazioni più larghe e unitarie? Sono esempi tra tanti, e tanti altri se ne potrebbero aggiungere. Il punto però è sempre quello: tra i destini del centro e quelli della destra non c'è trattino che tenga. Sono due differenze e come tali devono essere trattate. Si dirà: ma c'è il bipolarismo da salvare. Io temo sia un po' tardi. Il bipolarismo avrebbe avuto bisogno di una declinazione più rigorosa, come avviene appunto negli altri paesi europei. Noi l'abbiamo ridotto a un caravanserraglio, anzi a due. E ovvio che il caravanserraglio che ha vinto governa (non proprio splendidamente), e quello che ha perso un p0' si dispera e un po' sta zitto. Ma per ritrovare la parola occorre cambiare strada. C'è bisogno di opposizione? Certo. Ma c'è anche bisogno di un po' di opposizione a questa casa delle libertà ormai diroccata. Se non si rifanno i poli da cima a fondo il bipolarismo è destinato a rimanere o un'illusione, O un incubo. Marco Follini, lettera al Corriere della Sera, 7 settembre 2006
E' una manovra concertata oppure stiamo iniziando a perdere dei pezzi nell'UDC????
Angelo
venerdì 8 settembre 2006
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6 commenti:
Follini sta diventando, nella sua chiarezza, incomprensibile. Credo comunque che non ha più alcun motivo politico per lasciare l'UDC come ha detto Casini, però credo lascerà comunque il partito, in un disperato tentativo di ricotruire il centro.
Spero e mi auguro che Tabacci (e la politica dell'UDC) riesca a convincere Follini a rimanere nell'UDC a non coltivare un proprio orticello, a fare dell'UDC il promotore del Grande Centro. Se così fosse lo scopo dell'UDC che lui ha guidato e costruito sarebbe finalmente realizzato, non trovi?
Condivido in pieno RICCARDO quanto tu dici. Il problema più serio che la Politica oggi si trova ad affrontare è quello di superare i personalismi per ridare valore ai programmi. Per questo sotto un certo punto di vista non è sbagliata la critica a Berlusconi e al suo modo di fare politica (vedi Forza Itali).
Le basi ci sono, vediamo se il tempo è maturo per creare un NUOVO SOGGETTO POLITICO.
Esco dal tema.
Mi spieghi come sta andando il movimento giovanile UDC nel Veneto?
Perchè a Verona (a parte la Garda Summer School) di iniziative non si sente nemmeno l'eco?
Io sono della provincia di Verona e sono tesserato al CDU (poi UDC)da quando avevo 16 anni e non solo non ricordo la tessera, ma nemmeno ricordo qualcuno che mi abbia mai contattato o informato riguardo delle iniziative di suddetto Movimento Giovanile.
Ora qui a Verona la segreteria è commisariata quindi il caos e i furbetti regnano alla grande, ma nel Veneto qualcosa di meglio mi sembra ci sia, no?
Ogni quanto esce la rivista Moderati Europei (o il popolo veneto)? Come si fa ad averne una copia?
Perdonami ma voglio tornare a parlare di Politica anche nel mio paesino di 5000 anime (dove il nostro UDC ha il 16%) e voglio partire proprio da una riorganizzazione del giovanile dell'UDC. Avere degli agganci con qualche struttura meglio organizzata gioverebbe parecchio alla causa... Grazie.
Se mi invii una mail a angelomerlin@ilpopoloveneto.net posso darti tutte le informazioni necessarie. Sul Blog non mi pare il caso.....
Ti segnalo l'articolo di oggi su La Stampa:
Lo strappo di Casini
«Non sto ad aspettare quello che dice il Capo»
Il leader Udc visita i militari in Libano
e attacca Berlusconi: «Noi voteremo sì»
12/9/2006
di Ugo Magri
Pier Ferdinando Casini
NAQOURA. L'opposizione è a un passo dal divorzio, poiché Pier Ferdinando Casini ha deciso di procedere per la sua strada sul tema che, di ogni alleanza, costituisce il perno: la politica internazionale. Mentre Silvio Berlusconi (con Gianfranco Fini e Umberto Bossi) ancora non ha deciso se votare o no la missione italiana in Libano, il leader Udc ieri mattina è andato addirittura alla base Unifil di Naqoura, lungo il martoriato confine con Israele, per dare appoggio ai nostri soldati. Uno strappo col Cavaliere sottolineato davanti ai taccuini dei cronisti.
«Ho molto apprezzato Gianfranco Fini che dice di non voler fare polemiche», è l'incipit di Casini, «e nemmeno io voglio farne. Però quello che è accaduto in queste ore mi dà ragione, i fatti sono molto eloquenti: qui si oscilla tra sì e no non in base alle convinzioni profonde, ma in base a quello che si presume sia il pensiero del leader». Cioè di un Berlusconi che a Gubbio si dichiara orientato al votare contro il decreto governativo, e l'indomani nega di averlo mai sostenuto (e ne dà colpa ai giornali). Ecco dunque l'affondo, che non risparmia neppure l'ex «gemello» Fini: «Quando una classe dirigente si dedica alla previsione di quello che farà il Capo... ragazzi, basta! Poi dicono che il problema non è quello di tenere la schiena dritta».
A questo punto, Berlusconi si trova dinanzi a un bivio: infischiarsene di Casini che vuol tenere «la schiena dritta» e bocciare il decreto per la missione (de profundis per la Cdl, nascita di una doppia opposizione), oppure tentare una sutura d'urgenza con i centristi (che però esige un sì, obtorto collo, all'operazione-Libano). L'unica certezza è che il leader Udc non può tornare indietro. Più ancora delle parole conta il gesto simbolico della sua visita alle truppe, compiuto oltretutto nella ricorrenza dell'11 settembre, in nome di una lotta al terrorismo da condurre con atti concreti. Conta la promessa di sostegno alle forze armate, quel «grazie» annotato sul libro delle visite alla base di Naqoura, insieme alla convinzione che i soldati italiani debbano avere dietro, sempre, un paese concorde.
«Mi auguro che ci sia una voce compatta di tutto il centro-destra», ha insistito Casini al Tg3: «Siamo qui perché ce l'ha chiesto la comunità internazionale». E al Tg1: «C'è la fiducia di Stati Uniti e Israele in questa missione, proprio per questo noi la sosteniamo» (come dire: voglio vedere se Berlusconi vorrà contraddire l'amicizia con Bush). Nella saletta briefing della base Unifil, davanti a una carta geografica costellata di bandierine come nei film di guerra, Casini ha voluto conoscere l'atteggiamento di Israele che (ha confermato l'ammiraglio Claudio Confessore, al comando del contingente) mostra di fidarsi degli italiani, al punto da togliere il blocco navale intorno al Libano non appena, l'altro giorno, sono arrivate le nostre navi italiane a rendere sicure le acque. Per l'ex presidente della Camera è la prova di una missione partita col piede giusto, in perfetta continuità con le spedizioni di pace in Kosovo, in Afghanistan, in Iraq: «C'è la costanza di questo straordinario impegno», come si fa a dire che non va bene mandare i soldati in Libano dopo averli spediti a Kabul e Nassiriya?
Arturo Parisi, ministro della Difesa, calerà oggi da queste parti per dare ufficialmente il via alle operazioni. Ma da politico intelligente non ha sofferto crisi di gelosia nei confronti di Casini, che gli ha rubato la scena con un giorno di anticipo. Anzi, ne ha favorito la visita (e il leader Udc gli ha rivolto un pubblico grazie). Casini ne ha profittato per colloquiare a Beirut con il primo ministro Fouad Siniora, al quale ha chiesto che la comunità cristiano-maronita non venga tagliata fuori dagli aiuti per la ricostruzione. Ironia su Massimo D'Alema, fotografato un mese fa a Beirut con esponenti Hezbollah: «Io sono di vecchia scuola Dc, a braccetto vado solo con preti, ambasciatori e militari». Difatti nella base Unifil s'è fatto immortalare con tre graziose soldatesse della Marina. E al marinaio barbuto che voleva inserirsi: «No, scusi, lei francamente non mi ispira...».
Ti ho inviato un email... Comunque il mio indirizzo è riccarodalmolin@yahoo.it.
Fatti vivo...
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