mercoledì 11 ottobre 2006
Relazione del segretario UDC Lorenzo Cesa
Cari amici, anzitutto voglio ringraziarvi per essere qui, per aver compreso l'importanza di questo nostro appuntamento, per aver deciso di contribuire ad un momento di riflessione così importante e profondo. Quella di oggi sembra una iniziativa isolata, ma non è così: si tratta, piuttosto, della nuova tappa di un percorso che prosegue, con coerenza e determinazione, dopo la Festa di Fiuggi e alla vigilia della stagione congressuale, un appuntamento che si collega alla nostra tradizione piu' profonda, in una parola alle nostre radici. Il tema (le radici popolari e cristiane del Partito) non è argomento nostalgico ma, piuttosto, l’invito a guardare avanti, perché mai come in questa fase politica (come ho detto a Fiuggi) è “guardando al nostro passato che mi sento sicuro del nostro futuro”. Anche se puo’ sembrare una contraddizione, parlare del nostro radicamento è tema di estrema attualità, un tema decisivo per la nostra collocazione e il nostro futuro. Per questo, dopo la relazione di Rocco Buttiglione (che tutti ascolteremo con il massimo interesse) cercheremo di garantire il maggior numero di interventi possibile. E per dare il buon esempio, comincio io con una introduzione che sarà breve, anche se cercherò di non sacrificare la chiarezza al tempo. Il collegamento con le nostre radici cristiane è evidente in tutta la nostra storia e credo, sinceramente, che in esso risieda la ragione principale del nostro successo elettorale. Riconoscere e difendere le radici cristiane dell’Italia e dell’Europa è il tratto distintivo dell’UDC, quello che ci riempie di orgoglio e che ci rende visibili e riconoscibili a tutti. Noi non abbiamo mai sofferto di crisi di identità, non abbiamo mai dovuto rispondere alle famose domande: “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”, semplicemente perché lo abbiamo sempre saputo. Cristianesimo e popolarismo sono i cardini che ispirano la nostra azione politica e che dobbiamo tradurre in fatti e azioni concrete. Per me la prospettiva è chiara: da un lato dobbiamo essere sempre piu’ il partito che difende la famiglia italiana e il ceto medio, che tutela l’integrità del nostro tessuto sociale e lo difende dalle aggressioni e dai pregiudizi che lo stanno indebolendo; dall’altro dobbiamo caratterizzarci -appunto- come il partito che difende le radici cristiane della nostra identità nazionale ed europea e che presta per questo più attenzione di ogni altro ai segnali che ci arrivano dalla Chiesa, dalle associazioni e dai movimenti cattolici. Un terreno sul quale solo poche settimane fa (quando il santo Padre è stato aggredito e minacciato verbalmente) è emersa tutta la necessità del nostro impegno per una posizione chiara, forte e coraggiosa sul tema dell’identità e dei valori. In quei giorni a prevalere erano stati, da un lato, la reazione del mondo islamico e dall’altro -ben piu’ grave- il silenzio assordante dell’Europa e dell’Italia. Un silenzio che solo noi e pochi altri, amici dell’UDC, abbiamo avuto il coraggio di rompere. E’ stata, purtroppo, l’occasione per verificare quanto ci sia ancora da fare e quanto fondamentale sia ancora il nostro ruolo politico. Non riconoscere le radici cristiane sulle quali si fonda la nostra convivenza civile e rinunciare a spendere una parola in difesa del santo Padre, è stato -prima ancora che un atto di viltà e miopia politica- un grave segnale della debolezza strutturale in cui versano l’Italia e l’Europa. Ma noi non ci lasciamo intimidire e anche oggi, nonostante il clima sfavorevole, ribadiamo con forza di essere legati, sempre piu’, alle nostre radici, e di guardare con attenzione e rispetto alla dottrina sociale della chiesa. Non si tratta di rilanciare un nuovo clericalismo o un nuovo collateralismo di cui nessuno sente il bisogno. Per noi democristiani, sin dai tempi di Sturzo e di De Gasperi, la laicità della politica e la totale autonomia dello Stato sono dati acquisiti e inviolabili. Proprio il popolarismo ci ha insegnato a fissare, senza avere alcun dubbio, i confini tra la fede e la politica, tra l’spirazione religiosa e la sfera di azione dello Stato laico. Partendo da questa premessa, si tratta piuttosto di riconoscere che la Chiesa svolge oggi un ruolo fondamentale nell’orientamento delle coscienze, nella denuncia degli errori, nella difesa dei valori nei quali profondamente crediamo. La difesa della vita, della famiglia, della dignità umana, la ricerca di uno sviluppo economico armonico che aiuti i piu’ deboli e salvaguardi gli equilibri ambientali, la lotta alla droga per evitare che intere generazioni di giovani vengano escluse da una vita attiva. Sono questi i terreni sui quali l’impegno politico di un credente puo’ e deve alimentarsi anche delle indicazioni e delle analisi della Chiesa. Noi non eseguiamo ordini, noi ci ispiriamo alla dottrina sociale della chiesa, da essa ricaviamo spunti e indicazioni. Chiediamo ai cattolici impegnati nel centrosinistra di fare altrettanto, nella consapevolezza (sempre piu’ evidente) che il loro ruolo nel Partito Democratico sarà -al massimo- quello di una “riserva indiana”, senza voce e con pochi diritti. Nel centrosinistra, amici, c’è chi si ribella all’idea di esser nato democratico cristiano e di dover morire socialista. Ma è una ribellione senza speranza. I cattolici che sono nella Margherita devono prendere coscienza che c’è un solo partito in grado di dare loro voce, ruolo, futuro: è l’UDC, il partito che sta raccogliendo -e non a caso- i maggiori consensi all’interno della famiglia dei moderati italiani. La nostra forza, amici dell’UDC, è di non essere mai stati ambigui e di aver sempre avuto una visione coerente della società e dell’individuo. E’ lo stesso principio sul quale ci stiamo opponendo con determinazione e senso di responsabilità al centrosinistra, a cominciare dalla legge finanziaria. Una legge che è ispirata da furore ideologico e che ha posto nel mirino proprio le fasce sociali (famiglie e ceto medio) che noi abbiamo il dovere di difendere e tutelare. Ieri, nella lettura dei giornali, ho provato grande sorpresa quando ho letto che Cofferati difendeva il ceto medio e Visco attaccava i sindaci del centrosinistra. Credevo di essere vittima di allucinazioni. Poi ho riletto e mi sono reso conto della realtà: questa finanziaria, amici dell’UDC, è talmente assurda, ideologizzata e sbilanciata da aver provocato, all’interno della stessa maggioranza, tali e tanti contraccolpi da farci vedere agnelli trasformati in lupi e lupi che fingono di essere agnelli. Tutti ci chiedono: ma in questa situazione, le manifestazioni di piazza le organizzate oppure no? Credo sia una domanda sbagliata perché parte dalla coda e non dalla testa del problema. Un partito responsabile come l’UDC non può condividere la scelta del tanto peggio, tanto meglio. Per noi, prima di tutto, vengono gli interessi del paese. Per questo abbiamo chiesto a Prodi di riflettere e modificare la sua finanziaria, di ascoltare il malessere che sale prepotentemente dal paese prima che lo travolga, di rompere la stretta in cui lo tengono le forze della sinistra piu’ radicale. Noi faremo tutto quanto è in nostro potere per correggere una finanziaria che provocherebbe dei danni devastanti sia all’economia, sia agli equilibri sociali del paese. E per questo abbiamo al lavoro diversi gruppi di studio che nella grande manifestazione nazionale (COSTRUTTIVA E NON DI PROTESTA) del 28 ottobre prossimo, a Roma, porteranno all’attenzione dell’opinione pubblica e dei partiti i nostri suggerimenti e le nostre proposte di modifica. Ci auguriamo, a quel punto, che Prodi e la sua maggioranza ci diano ascolto. Altrimenti, se la strada delle modifiche venisse preclusa, se il governo si rifugiasse in una blindatura della legge attraverso il voto di fiducia, è chiaro che lo sbocco della protesta diverrebbe realistico e a quel punto -temo- potrebbe anche avvenire al di fuori dell’indirizzo e del controllo della politica. E’ una linea, la nostra, di determinazione e responsabilità, una linea che ci porta a dire agli elettori italiani come, oggi, l’opposizione siamo noi. Una linea sulla quale chiediamo collaborazione alle forze di opposizione che, ci pare, ancora una volta abbiano compreso le cose con un attimo di ritardo. La nostra analisi, l’analisi che per primo ha sviluppato Casini, è stata quella sulla quale -alla fine- sono venuti tutti: prima si cerca il dialogo, poi -se costretti- si organizza la protesta. Perché fare il contrario (e cioè usare la protesta come una sorta di “minaccia preventiva”) può avere un solo effetto: togliere credibilità ad ogni ipotesi di dialogo e di correzione della finanziaria. Un po’ come presentarsi ad un arbitrato impugnando una pistola. Credo che questo stesso percorso i partiti del centrodestra dovranno seguirlo anche per le loro vicende interne. Dovranno convenire, come diciamo da mesi, che la Casa delle Libertà non c’è piu’ e che tutti dobbiamo guardare avanti, saperci mettere in discussione, accettare la sfida di una ricostruzione totale di un’alleanza che -dal programma al leader- non può avere più nulla di precostituito. Nulla tranne una cosa che l’UDC (il partito dei moderati) assicura ai propri elettori: mai con la sinistra. Noi saremo sempre alternativi alla sinistra, dalla quale ci separa un elemento fondamentale, e cioè la visione stessa della società, della famiglia, dell’uomo, del suo rapporto con lo Stato. La nostra priorità è rafforzare attorno all'UDC quell'area moderata che già, in buona parte, oggi rappresentiamo. Per il resto, onorevole Berlusconi, tutto va ridiscusso, a cominciare dal suo ruolo nella coalizione. Perché sarebbe inaccettabile immaginare che l’alleanza di centrodestra possa esistere se a guidarla ci fosse, sempre e comunque, solo lei. Sarebbe, per noi, la negazione stessa delle ragioni profonde di un’alleanza che non puo’ in alcun modo essere legata ai destini di una sola persona. Un ultimo passaggio, amici dell’UDC, sulle scadenze piu’ immediate della nostra vita di partito. A cominciare dal tesseramento, che rappresenta la premessa fondamentale per avviare la stagione congressuale. Ho detto a Fiuggi, e ripeto qui, che lavorerò, con il contributo determinante di voi tutti, ad un congresso vero, fatto di politica e non di retorica, propaganda, accordi a tavolino. La premessa fondamentale è nel tesseramento, che dovrà essere reale e non gonfiato. A noi interessa il contributo di idee delle donne, degli uomini e dei giovani disposti a seguirci, persone vere, in carne e ossa, e non dei cosiddetti “pacchetti” di tessere. Dico questo, ovviamente, non per invitarvi alla pigrizia, accontentandovi di pochi iscritti, ma per la ragione contraria: per spronarvi a guardarvi intorno. Sulla base dei risultati elettorali, dei sondaggi e, soprattutto, della partecipazione crescente che registriamo ad ogni nostra manifestazione, sono convinto che troverete tantissime persone motivate e determinate a sostenere, con noi, la causa della libertà, dello sviluppo, della difesa dei valori cristiani sui quali costruire un’Italia migliore. Grazie.
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